Ottobre. Domenica pomeriggio.
Come da un po' di mesi a questa parte accade, mi ritrovo a camminare da sola per il centro storico della città cercando di schivare la massa di gente che passeggia confusamente per negozi e locali storici.
Attraverso il ponte Vittorio ed osservo dall' altra sponda del fiume Po i Murazzi. Solo la settimana prima erano interdetti al pubblico a causa della piena del fiume causata dalle violente piogge che hanno interessato tutto il Piemonte.
Laddove solo 7 gg prima c'era acqua, oggi la gente è placidamente seduta ai tavolini dei dehors dei vari locali che sorgono laddove un tempo vi erano le rimesse delle barche.
I locali aperti, la gente a passeggio, la mia playlist di spotify che mi tiene compagnia - e soprattutto mi rende impermeabile alla confusione - mi riportano indietro nel tempo alla fine degli anni '90.
Complici le temperature miti e quella playlist che contiene non solo brani più recenti ma anche quelli che mi piacciono da sempre, eccomi catapultata ad una calda sera di giugno.
Un sabato sera.
Con mia sorella ed alcune sue amiche/colleghe di lavoro usciamo dopo cena, destinazione centro e più precisamente Murazzi, per l' appunto.
L' idea ufficiale - di mia sorella e delle sue amiche - era quella di incontrare dei loro amici/colleghi per andare in qualche locale.
L' intento reale, e che appresi solo una volta arrivate al luogo dell' incontro, era quello di incontrare il bello ma impossibile - in quanto già fidanzato - della compagnia quando avrebbe terminato il servizio come barman su uno dei battelli che navigavano sul Po all' epoca.
Avevo sentito parlare tanto di questo ragazzo. Mia sorella e la sua più cara amica andavano in brodo di giuggiole al solo nominarlo. Chi più, chi meno ne subiva il fascino, insomma. Io, invece, non lo avevo mai visto per cui potevo solo fidarmi delle loro recensioni.
Non avevo molta voglia di uscire, quella sera. In verità non avevo mai voglia di uscire, in quel periodo. Lo specchio mi rimandava un' immagine di me che non mi piaceva affatto ed evidentemente nemmeno al prossimo, a giudicare dal consenso che riscuotevo nel genere maschile.
Diciamo che l' attributo più gettonato per definirmi era sicuramente "simpatica"( non di certo per una questione di sensibilità legata alla problematica del "body shaming").
Quella sera decido di ignorare la vocina che mi voleva a casa, rinchiusa nella mia stanza al suono delle mie canzoni preferite, e di ascoltare quella di mia sorella che voleva mi unissi al suo gruppo al grido di "cos' avrai di meglio da fare qui, rintanata in casa???".
Esco con mia sorella - l' incarnazione di come avrei voluto apparire allo specchio - e le sue amiche. Una più bella dell' altra.
Praticamente la racchia in mezzo alle top model.
Apprendere che la meta sono i Murazzi - troppa confusione, troppo rumore, troppa umidità - non aiuta il mio umore (più che "quella simpatica", parevo l' incarnazione di "pessimismo e fastidio").
Decido comunque di dare filo da torcere al carognone che alberga in me, se non altro per mia sorella che tanto carinamente mi aveva portata con sé. Cozza magari anche sì, io, ma non zavorra.
Scopro così che sta per arrivare il tanto nominato "bonazzo".
Un po' contenta la sono: se non altro la mia curiosità verrà soddisfatta.
Sento il fermento crescere intorno a me "eccolo, eccolo...andiamogli incontro!!".
Lo vedo da lontano. Lo riconosco dalle descrizioni che me ne avevano fatto mia sorella e la sua inseparabile amica C.
Altezza normale. Capelli castani, corti. Barbetta (all' epoca non esistevano gli hipster). Quel filo di pancetta che non disturbava.
Diciamo gradevole, al primo colpo d' occhio. Non sto "figo da paura" che mi ero immaginata nel sentire i racconti delle mie compagne di sventura ma comunque poteva rientrare nella categoria dei piacioni.
Ci avviciniamo. Saluti e baci tra conoscenti e poi mia sorella mi presenta "Lei è la mia sorellina!".
Io lo guardo: "Ciao, Giovanna.".
Avete presente il sasso nello stagno? Ecco la mia impressione è che l' impatto di quella informazione nel suo retrocranio sia stato il medesimo.
Mi rivolge un "N." distratto, senza nemmeno aggiungere un "Crepa o sciòpa" (trad. "Muori o scoppia").
Dirigo il mio sguardo altrove. Subito sento le mie compagne di sventura apostrofare il bonazzo con un finto sdegnoso "ma cosa fai?!?!?!?!?" seguito da risatine semi-isteriche.
Mi giro e vedo il motivo dello sdegno. Il bonazzo aveva sbottonato i pantaloni per infilarvi più agevolmente la camicia.
Un cambio di outfit cielo aperto, come si direbbe ora. Camicia e pantaloni sbottonati ma non alla Harrison Ford in "Una donna in carriera" ossia bello e simpatico. No!
Lui proprio si attardava a ricomporsi godendosi a pieno tutte le manifestazioni di consenso.
Fatto sta che mi monta su la carogna. Un po' per la reazione delle mie compagne d' uscita, un po' per la sua sicumera da "Quanto so' figo, quanto so' bello. Paio un fotomodello!".
Nella mia testa un solo pensiero: "Può anche essere un bonazzo ma a me pare più, per citare Bart di 'Santa Maradona', "Quell'essere mitologico? Quello col corpo di uomo e la testa di c****" (questa la scena)
Al che lo guardo ed esclamo "Ma nascondi quelle macerie! Potresti almeno girarti, di grazia! Ma guarda un po' te questo...".
Da quel momento, non ci crederete, non me lo sono più schiodata di dosso.
Mi si è attaccato come un mitile allo scafo di una barca ed ha trascorso praticamente tutto il resto della serata a parlarmi ed a far battute per cercare di farmi ridere. Tutto questo in mezzo allo scorno dell' amica di mia sorella, C., che non riusciva ad inserirsi nei discorsi.
Abbiamo scherzato tantissimo. Vi dirò che l' ho trovato pure simpatico e che mi sono pure divertita.
Com'è andata a finire?
E come volete che sia andata a finire? In nessun modo!!!
Il giorno successivo lui ha chiesto a mia sorella notizie di me e se la sera precedente io mi fossi divertita.
Qualche settimana dopo l' ho rivisto nel locale storico di Torino in cui lavorava talvolta dove mi ero recata a prendere un caffè con mia sorella ed il mio fidanzatino dell'epoca (che era di un' altra città e che era venuto in trasferta a trovarmi).
Molto cavallerescamente mi regalò una rosa rossa che era in uno dei vasi sul bancone del locale, ignorando bellamente quello che gli avevo appena finito di presentare come "il mio ragazzo" (ohh non so se sto qua probabilmente aveva dei problemi di calo di interesse durante le presentazioni) e che ovviamente non gradì nella maniera più assoluta quel gesto galante.
FINE DEL MOMENTO NOSTALGIA.
Domenica pomeriggio solitaria... ma che viaggio nei ricordi mi son fatta?!?
Prima di passare alla ricetta vorrei ringraziare chi è passato a trovarmi in questo mio angolino in questi mesi di assenza lasciando qualche traccia scritta ma anche no.
E poi domando scusa, non tanto per la mia assenza... perché, non me ne vogliate, non mi sento così importante da poter mancare ;-), quanto per l' argomento volutamente leggero e frivolo di questo post.
Avevo vent' anni, all' epoca. Riscuotere consensi dal punto di vista esteriore era una cosa inusuale per me e riuscirci, quella sera, senza nemmeno sforzarmi ma limitandomi ad essere me stessa, mi lusingò.
Ma passiamo alla ricetta perché, comunque, anche se non scrivo, io continuo a sfornare torte, biscotti & Co. come se non ci fosse un domani per le colazioni di LoveOfMyLife.
La ricetta proviene dalla pagina IG di Chiara Paoli io ho solo usato farina di tipo 1( nel post non veniva specificata la tipologia), zucchero di canna (nel post veniva indicato semplicemente "Zucchero") e 2 pere anziché le 3 del post. La teglia può arrivare a 20 cm di diametro. Io l'ho usata di 18 e mi è venuta fuori una torta altissima che pareva quasi un panettone!!!!! :-D
Ingredienti per uno stampo a cerniera di 18cm di diametro:
- 300gr. di Farina di tipo 1
- 100gr. di Zucchero di canna
- 3 Uova
- 60gr. di Latte
- 60gr. di Olio di semi di girasole
- 30ml. di Rhum + 2 cucchiai
- 1 bustina di lievito per dolci
- un cucchiaino di estratto di vaniglia
- 2 Pere Williams
- Gocce di cioccolato fondente a sentimento
Strumenti:
- padella
- coltello
- ciotola
- spatola
- setaccio
- fruste elettriche
- leccarda
- carta da forno
- gratella
Preparazione:
Ho tagliato le pere a cubetti e le ho saltate in padella a fiamma viva con un cucchiaio di zucchero e due cucchiai di rhum finché i liquidi non sono evaporati ed ho lasciato intiepidire.
Ho acceso il forno impostando la temperatura di 180°C.
In una ciotola ho sbattuto le uova con lo zucchero di canna.
Ho poi aggiunto a filo 60gr. di olio di semi, 60gr. di latte e 30ml di rhum ed ho mescolato.
A parte ho setacciato la farina con il lievito e l' ho aggiunta al composto di uova e zucchero & co. Per ultimo ho inserito l' estratto di vaniglia ed ho mescolato con una spatola dall'alto verso il basso fino ad ottenere un impasto liscio e senza grumi.
Ho aggiunto le gocce di cioccolato e 2/3 dei cubetti di pera.
Ho versato l’impasto in una teglia di 18cm rivestita di carta forno e prima di infornare a 180°C ho cosparso la superficie con la restante pera ed altre gocce di cioccolato.
Ho fatto cuocere per 50minuti circa.
Un abbraccio.
LaGio' Riccia.
Ciaooo!!! finalmente sei tornata!!! Mi piace da morire leggere le tue storie e anche leggere le tue ricette. Tutti i giorni controllavo se c'erano nuovi post...ma nulla...ho dovuto aspettare un bel pò ma alla fine finalmente ti ho ritrovata...ti prego non abbandonarci più per così tanto. Claudia
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